Nella comunicazione corrente c’è un messaggio, che è costante anche nei testi “classici”, in cui si dice che gli esseri umani sono alla ricerca costante della felicità, ma non potranno trovarla nell’appagamento dei desideri, sempre momentaneo ed esposto alla caduta in stati di sofferenza, bensì in una condizione più stabile e definitiva che è il frutto del cammino spirituale. Un messaggio che è costantemente a rischio di cadere a sua volta negli equivoci della rinuncia, a cui forse tutte le tradizioni sono esposte. Quel che vorrei è invece mostrare come, nella più elementare delle pratiche meditative, ci sia il seme di una trasformazione della mente che la rende capace di vivere uno stato in cui non c’è più da negare niente (salvo operare le scelte più opportune) e invece accogliere la vita nella sua inesauribile mutevolezza; nel quale ogni momento può essere occasione di una importante scoperta. Questo è il senso della gioia nella tradizione buddhista, che per me è un senso non esclusivo ma condivisibile con qualsiasi altra. Quel che c’è di specifico, potrei dire, è un metodo. Che può contribuire, in concorso con le circostanze della vita stessa, a operare quella trasformazione.
Bhante Dharmapala (Claudio Torrero)
Buongiorno. Ieri c’è stato un tumulto di emozioni nel mio cuore… La prima, iniziale, che mi ha fatto compagnia tutto il tempo, è stata quella di appagamento perché, finalmente, mi confrontavo con una dimensione più “elevata” rispetto a quella che ormai è diventata la mia quotidianità….
E poi se ne sono aggiunte e susseguite altre… Mentre il Bhanta Dharmapala ci parlava, mi sono concentrata sulla sostanza di un messaggio che è meraviglioso. Non solo, ritengo che quella sostanza sia del tutto conciliabile con la sostanza del messaggio evangelico: ho colto tanti spunti e, d’altra parte, lo stesso Claudio ha citato più volte autori cristiani e il Vangelo: “Il tempo è nell’anima”, “Non abbiate paura”, “Il regno di Dio è qui in mezzo a voi”… Ed altre… Forse, nella storia, il cristianesimo ha perso di vista questo approccio un po’ più filosofico e quest’aura che invece sono fondamentali, perché, come ha detto il Banthe Dharmapala, sono “preparatori” per vivere in concreto da cristiani. E poi sono arrivate “l’impermanenza” e “l’equanimità”…… e la gioia stessa…. che, a detta di Claudio, “è come Dio: non se ne parla, ma è importante farla scaturire in noi” e lì mi sono venute in mente le parole del vangelo: “Date ragione della Speranza che è in voi”… Lì comincia il momento in cui si “parla” di Dio, dopo che Dio e la gioia sono scaturiti in noi…
Che dirvi… Grazie a tutti, in particolare a Claudio, per questo momento di luce e di respiro.
Il maestro raccontò:
Subito dopo la sua nascita il Buddha indicò con una mano il cielo e con l’altra la terra, fece sette passi in cerchio, si volse verso le quattro direzioni del cielo e disse: “In cielo e sulla terra sono l’unico degno di venerazione”. Il maestro Yunmen disse: “Se allora fossi stato presente l’avrei steso a terra con una bastonata e lo avrei gettato in pasto ai cani – una nobile impresa a favore della pace sulla terra”.
La visione del mondo buddhista zen non è rivolta verso l’alto né gravita intorno a un centro. Manca in esso il centro che tutto domina, o si potrebbe anche dire che il centro è dappertutto. Ogni essente costituisce un centro. In quanto centro gentile che non esclude nulla, rispecchia in sé tutto. L’essente svuota se stesso della propria interiorità, si apre in modo illimitato a una vastità senza confini: “Dobbiamo scorgere l’intero universo in un unico granello di polvere”. Così l’intero universo fiorisce in un unico fiore di pruno.
(tratto da “Filosofia del buddhismo zen” di Byung-Chul Han)